Commercio equo e clima

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Commercio equo e clima: un approfondimento

L’agricoltura contadina soffre del cambiamento climatico. Il commercio equo la rende più resiliente e contribuisce a proteggere il clima.

L’impatto deleterio del cambiamento climatico sull’agricoltura contadina

Il cambiamento climatico stravolge le condizioni meteorologiche e, nel mondo globalizzato, a pagarne maggiormente le conseguenze sono coloro che ne sono meno responsabili. Le popolazioni del Sud del pianeta che praticano l’agricoltura contadina subiscono gli effetti delle mutate condizioni, ovvero siccità, inondazioni, maturazione precoce o ritardata, raccolti scarsi e apparizione di nuovi parassiti, piante infestanti e malattie. Spesso a soffrirne è l’economia di un intero Paese, in quanto basata essenzialmente su un tessuto contadino. In Africa, per esempio, il 60 per cento dei posti di lavoro e delle esportazioni dipendono dall’agricoltura

I parassiti che proliferano a causa del cambiamento climatico attaccano le colture e annientano interi raccolti, in particolare nelle piantagioni di caffè, provocando un importante calo dei redditi agricoli. Questi parassiti non mettono a rischio soltanto la produzione destinata alla vendita, ma anche le colture di sussistenza. Il riso, per esempio, una delle principali risorse alimentari del Benin (Africa occidentale), inizia a scarseggiare in ragione dei magri raccolti dovuti a eventi meteorologici estremi.

Il modello economico all’origine della crisi climatica si fonda su rapporti di forza del tutto asimmetrici. Tale squilibrio genera relazioni di dipendenza che rendono l’agricoltura contadina particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico. Disponendo spesso di mezzi finanziari limitati, contadine e contadini incontrano grosse difficoltà a far fronte alle mutate condizioni meteorologiche. Il mondo agricolo è in una certa misura abituato ai cambiamenti, ma le strategie utilizzate finora risultano del tutto inadeguate dinanzi agli sconvolgimenti attuali.

Le conseguenze appaiono ancora più ingiuste considerato che i metodi impiegati dall’agricoltura contadina contribuiscono a lottare contro il cambiamento climatico, preservando le risorse naturali e generando una quantità ben inferiore di emissioni inquinanti rispetto all’agricoltura industriale su larga scala.

L’assenza di prospettive dovuta ai pessimi raccolti spinge tra l’altro contadine e contadini ad abbandonare le zone rurali per guadagnarsi la vita in città, un fenomeno che spesso porta alla separazione di intere famiglie.

Il commercio equo, un fattore di resilienza

Per rendere le popolazioni meno vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico è necessario rafforzare le capacità di adattamento dell’agricoltura contadina. Le reti contadine e le organizzazioni del commercio equo svolgono un ruolo importante in questo senso.

I membri di Swiss Fair Trade sono attivi nel mondo intero. Il commercio equo aiuta l’agricoltura contadina ad adattarsi alle conseguenze del cambiamento climatico, a divenire più resiliente, a ridurre le proprie emissioni di gas serra e ad effettuare la transizione verso le energie rinnovabili. Si punta soprattutto su formazioni dispensate da esperte ed esperti locali al fine di rendere l’agricoltura più resistente e garantire sicurezza alimentare e redditi stabili.

Gli standard del commercio equo includono criteri ecologici che contribuiscono a far sì che l’agricoltura sia all’altezza delle sfide climatiche, per esempio ricorrendo a fonti energetiche rinnovabili, riducendo le emissioni di gas serra e gestendo in modo sostenibile i rifiuti e le risorse idriche. A fianco delle esperte e degli esperti locali, Max Havelaar è impegnata in seno alle reti di produttrici e produttori al fine di aumentare la capacità di adattamento e di resistenza dell’agricoltura contadina. Nell’ambito di formazioni pratiche, le contadine e i contadini apprendono ad affrontare il cambiamento climatico, a concepire strategie di adattamento e a ridurre le loro emissioni. Le formazioni prevedono anche attività pratiche, come la creazione di vivai.

Il progetto di Brücke-Le Pont in Benin (Africa occidentale) ne è un altro esempio: partner locali insegnano alle famiglie contadine a pianificare i propri lavori in funzione delle previsioni inerenti alle precipitazioni e a scegliere specie di riso che maturano più rapidamente e richiedono meno acqua. Tali formazioni offrono alle persone partecipanti la possibilità di implicarsi attivamente nei processi e stringere fruttuosi partenariati.  

In Honduras (America centrale), yocafe.ch realizza un progetto nel quadro del quale le persone partecipanti piantano alberi per proteggere le loro coltivazioni di caffè. Yocafe.ch e claro introducono produttrici e produttori alla pratica della coltura mista, più favorevole al clima. Le colture miste, che consentono al terreno di trattenere meglio l’umidità, rappresentano in effetti uno strumento sostenibile per lottare contro il cambiamento climatico. Tutti questi interventi sono possibili grazie al consumo di caffè del commercio equo, a testimonianza del fatto che, nel mondo globalizzato di oggi, le decisioni di acquisto delle consumatrici e dei consumatori del Nord hanno effetti diretti sulla vita delle contadine e dei contadini del Sud e sulla lotta al cambiamento climatico.

Helvetas aiuta popolazioni del Sud a gestire in modo sostenibile le risorse naturali al fine di limitare il rischio di catastrofi naturali. Il progetto, portato avanti in collaborazione con Coop, consente di migliorare la vita di persone dedite alla risicoltura, consentendo loro di ridurre il proprio consumo di acqua grazie ad adeguamenti nel sistema di irrigazione.

A trarre beneficio dalle formazioni e dai premi, che costituiscono due dei fondamenti del commercio equo, non sono solamente le persone direttamente interessate, ossia le produttrici e i produttori partner, ma anche le rispettive comunità, come mostrano i progetti di yocafe.ch e Max Havelaar summenzionati.

Il consumo e le sue conseguenze

Se il consumo nei Paesi del Nord ha effetti notevoli per le produttrici e i produttori della filiera equo-solidale, il commercio equo presenta anche un altro vantaggio: ci consente di essere consumatrici e consumatori ecologicamente responsabili, dato che l’agricoltura contadina è particolarmente rispettosa del clima. Di norma, sono infatti la coltivazione e la trasformazione di un prodotto, e non il suo trasporto, a generare la maggior parte delle emissioni di CO2. Il 98 per cento dei prodotti del commercio equo sono trasportati via mare (è il caso, per esempio, del caffè, del cacao e dei prodotti tessili); le rare eccezioni riguardano derrate a rapida deperibilità che sono importate per via aerea (in particolare le rose e gli ananas).

Gebana, che ha condotto una vasta ricerca per determinare quale modello di consumo di frutta e verdura genera meno emissioni di CO2, è giunta alla conclusione che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è la distanza geografica a essere determinante, ma il fatto di consumare frutta e verdura di stagione. Dal bilancio ecologico delle banane emerge, per esempio, che il 75 per cento delle emissioni sono prodotte già nella fase di coltivazione, un dato che raggiunge addirittura il 90 per cento nel caso del caffè e del riso. Il trasporto via mare ha certamente un impatto, ma le corrispondenti emissioni sono quasi insignificanti nel bilancio ecologico di un prodotto. Gebana ha elaborato un calendario molto utile per chi intende consumare in modo responsabile, che indica quali sono i prodotti stagionali nelle varie zone del pianeta e consente quindi a consumatrici e consumatori di contribuire a limitare le emissioni di CO2.

Anche i marchi dei membri di Swiss Fair Trade aiutano a fare la scelta giusta. Il marchio bioRe® Sustainable Textiles, per esempio, contraddistingue i prodotti tessili in cotone biologico fabbricati in modo climaticamente neutro grazie a progetti di compensazione realizzati lungo la catena di fornitura.

Swiss Fair Trade, 8 maggio 2021